Essere e tempo: una pausa fra dovere e sostanza

Oggi non riesco davvero a fare a meno di pensare che è da più di un anno che studio ininterrottamente (e con “ininterrottamente” intendo dire che ogni sacrosanto giorno l’ho trascorso con un manuale universitario in mano, che fosse per un’ora o per nove poco importa, anche se ammetto che l’ultima opzione è quella che più si avvicina alla realtà dei fatti).

Volendo fare un calcolo approssimativo con calcolatrice alla mano, senza tener in debito conto l’eccezionalità degli anni bisestili, si parla di 52 settimane, 365 giorni, 8760 ore, 525600 minuti, 31536000 secondi. Niente male, insomma.

Guardo a queste cifre e mi viene il capogiro. Tempo perso, buttato, sprecato. Tempo che nessuno mi restituirà. Non c’è possibilità di redenzione né entità metafisica che tenga. D’altro canto, nel mio piccolo ho cercato di dilatare la percezione del mio vivere in più modi: ho letto, amato, parlato, conosciuto, pensato, riso, scherzato…ma, in ultima istanza, mi rendo conto che nulla è valso a eliminare alla radice il problema.

Volendo parafrasare un celebre aforisma di cui non ricordo la paternità, è piuttosto inutile prendere la vita sul serio, dal momento che nessuno ne esce vivo alla fin fine.

Eccessivo cinismo? Superficialità riduttiva? Non direi…quanto piuttosto estrema verità di cui spesso siamo dimentichi, fatalmente aggiungerei. Come me, o quasi. Difatti, se è vero che l’inazione porta alla dissoluzione dell’Io, allora io agirò di conseguenza (e anche con previdente rapidità).

Ho deciso: mi prenderò una pausa da questo vivere formale per dedicarmi alla sua dolce sostanza. Sento un irrinunciabile bisogno di vitalità, di brivido, di adrenalina, di passione, di novità, tutte sensazioni che soltanto nuove esperienze (intraprese imprescindibilmente con mente sgombra da futili pensieri) e nuove rivalutazioni del Presente possono apportare. Riconsidero per apprezzare con maggior spirito di gratitudine quanto “possiedo” nell’immediato: “Ora non è il momento di pensare a quello che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che hai.” (Ernest Hemingway)

Mi fermo. Mi volgo altrove, a levante. Comincio a camminare adagio, poi a correre. Rincorro un punto lontano verso est: sa di rinascita, di sole, di nuova energia, di spiritualità, di leggerezza.

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